Gonna fa rima con donna è proprio vero!
Provate a pensare come vi sentite quando indossate una gonna, di qualsiasi tipo e per qualsiasi occasione, sfido io chiunque a dire che è la stessa cosa dei pantaloni!
Va bene la comodità, lo stile spigliato e l’allure elegante di un pantalone, mai e poi mai è mia intenzione rinnegarli!
Ma vogliamo mettere la differenza!
Probabilmente proprio perchè oramai è consolidata l’abitudine di utilizzare i pantaloni (perlomeno dalle più, tranne rare eccezioni che stimo tantissimo!), che quando indossiamo una gonna ci sentiamo un pò più speciali, un pò più “fighe”, un pò più donne!
Da non confondere con un abito, non è la stessa cosa! La gonna la devi abbinare, devi metterci un “sopra”, la devi contestualizzare in base al tuo corpo, in base all’occasione d’uso, in base ai tuoi desideri.
Inoltre la stessa gonna può essere diversa se abbinata in altro modo.
Insomma questo è il periodo giusto per sperimentare: lunghezze differenti, materiali leggeri, abbinamenti mai fatti, linee mai indossate prima, perchè si sa che in estate diventa tutto più semplice!
Un consiglio, cominciate a sperimentare ora per non farvi trovare impreparate dai nuovi arrivi a breve nei negozi!
Tutto è lecito, sovrapposizioni hippye, accessori seventies, stile minimal, bon-ton, casual chic…, l’importante è scegliere in base al proprio fisico, perchè proprio tutte possiamo indossare la nostra gonna!
Di seguito nella gallery, ho selezionato alcune immagini di vari stili di donne diverse tra loro che indossano outfit con gonne da cui poter trarre ispirazione!
NEO FOLK
CASUAL/CHIC
RIGHE
BLACK & WHITE
ROSSA
LE NUOVE LUNGHE
3 Comments
Gonna fa rima con donna solo dal punto di vista linguistico, considerato che si coniuga con l’anatomia della donna e dell’uomo e, per quest’ultimo è molto più adatta dei calzoni, mentre, per una donna non fa alcuna differenza indossare uno o l’altro capo. Purtroppo, nella nostra società occidentale, gli stereotipi sono duri a morire, tanto che la società cosiddetta occidentale contemporanea vorrebbe instaurare stretta correlazione tra genere, sesso ed abbigliamento, impedendo ad un maschio di fare quello che, al pari della femmina, ha sempre fatto da millenni: avvolgersi una pezza di stoffa intorno alla linea di cintura. Al contrario, a parte i reggiseni, che, per ovvie ragioni anatomiche sono destinati al sesso femminile, tutto il resto va bene per chiunque: è semplicemente una questione di gusto personale, nel preferire un capo od un altro, nel vedere meglio un capo su di un uomo o su di una donna. Inoltre, esistono i condizionamenti culturali, che tendono ad ingabbiottare tutto in categorie stagne e, complice il ruolo che la società (in)civile assegna al maschio ed alla femmina, quest’ultima considerata inferiore ancora oggi, si vorrebbe, tramite i codici d’abbigliamento, rimarcare le differenze, come se l’abbigliamento civile fosse una divisa militare. Se la femmina, oggi, indossa i calzoni, avendone, faticosamente, a prezzo di pesanti critiche, conquistato il diritto, è considerata emancipata, evoluta, poiché si veste come il sesso considerato predominante, mentre il maschio, nel mondo occidentale, non ha ancora conquistato il pieno diritto d’indossare abbigliamento indiviso come gonne od abiti a tunica perché considerati, a torto, femminili e, come tali, relativi ad un individuo di rango inferiore e la considerazione d’inferiorità non riguarda solo la galassia islamica, ma, in maniera strisciante, sta anche altrove. Questo per quanto riguarda le persone senza alcun disturbo dell’affettività o della sfera sessuale, le quali intendono indossare quello che più aggrada, senza essere vittime di condizionamenti o convenzioni (a)sociali. Diverso, invece, il caso di travestitismo, disforia di genere, omosessualità ed altro: qui una persona vuole vestire come quel sesso, diverso dal proprio sesso biologico, cui però vorrebbe appartenere o come vorrebbe apparire; in questo caso, abbiamo, comunque, un adattamento agli stereotipi ed ai condizionamenti attualmente in vigore.
Già il 19 agosto 2014, compariva un interessante dibattito (https://ilragno.wordpress.com/20…) iniziato da una sociologa che tratta diversi argomenti e spunti di riflessione; il successivo 9 ottobre 2014, Sabrina Spirolazzi in un suo articolo pubblicato da Cronaca Ossona (http://www.cronacaossona.com/201…) scriveva: Le avevo viste l’estate scorsa. Sinceramente ero a una presentazione di una nuova collezione uomo con un caro amico. Sto parlando delle gonne che alcuni modelli indossavano … (omissis) … per le vie di Milano si aggirano uomini con la gonna. Oltretutto, l’altra mattina davanti a me c’era un giovanotto con il mio stesso outfit… (omissis) … devo dire che mi piaceva, sicuramente non è il tipo di uomo con cui uscirei ma devo dire che l’insieme sobrio e discreto non mi ha sconvolta. Ho fatto una ricerca online e con stupore ho notato che molti stilisti la proponevano. Poi molti si sono lanciati in analisi sul perché gli uomini usano la gonna. Cazzate, gli piace essere notati, punto e basta. Quanti dei miei amici hanno una gonna nell’armadio? Nessuno. Quanti vorrebbero per una volta indossarla? In molti credetemi. Molti più di quanto immaginate …
Più recentemente, in data 11 gennaio 2018, il Corriere Adriatico, in un articolo firmato da Maria Teresa Bianciardi (https://www.corriereadriatico.it…) afferma che la collezione non resterà nell’ombra, giacché, oggigiorno, ci siamo già abituati alle borsette maschili e l’abbigliamento indiviso non tarderà a comparire.
Superfluo osservare che anche chi scrive, in assenza di esigenze particolari, gradirebbe indossare abbigliamento indiviso.
Grazie per l’approfondita analisi! Di solito non amo gli stereotipi e sono per la libertà di espressione sopratutto nel fashion, a volte linguisticamente mi piace giocare con le parole, ed essere libera di farlo.
Peraltro, giocare con le parole è un elegante espediente di sicuro impatto giornalistico e non solo: l’arte letteraria, quel modus scribendi non finalizzato alla mera trasmissione d’informazioni, proprio su questo si fonda. Anzi, credo di non errare nel pensare che il titolo di questo sito sia un’azzeccata sineresi tra cognome e nome dell’Autrice.
Tornando all’analisi del Vostro articolo, quelle illustrate sono le forme che, a mio parere, sono più comode e più eleganti al tempo stesso: medie o lunghe e svasate ad A.